Omelia sul Vangelo

 della 25ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

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22 Settembre 2013

Farsi degli amici

Questo è il punto su cui poggia la pagina del Vangelo di oggi e la vita di quel povero amministratore accusato di truffa. Il punto in cui si decide pure la mia salvezza. Voglio uscirne? La furbizia di farmi degli amici.
Perché l’altro è un vicolo cieco: da dove scappo? Se veramente il mio padrone volesse fare i conti con me, come mi salvo? Mi mettesse al muro facendomi l’esame della mia amministrazione, qualcosa per cui licenziarmi lo troverebbe di certo.
Nella vita cristiana questo è un punto fermo: quando sarò chiamato a rispondere o qualcuno mi difende perché ha conosciuto la mia bontà e può salvarmi dalle accuse vere di un’amministrazione discutibile o sarò respinto. E chi di noi non è discutibile?

La parabola dell’amministratore disonesto apre mille altre riflessioni, come quella dell’ambiguità del denaro e della sua forza di perversione sul cuore umano. Tema caro soprattutto in questo frangente di Chiesa che ci è dato di vivere: quante volte sta risuonando il grido perché la Chisa sia povera e dei poveri! Ma non mi pare lo scioglimento del nodo che sta tutto e solo sul perdono.
Rimettere i debiti altrui perché un Altro li rimetta a me? No.
Perché un Altro li ha già rimessi a me. Il perdono non è anzitutto investimento sul futuro, ma memoria di un passato; non abilità, ma memoria: non ricordi quante volte dovevi finire nelle mani della giustizia e sei stato graziato? Ma cosa ti accanisci allora con altri che hanno debiti come li avevi tu? Riducili, tagliali, esercita misericordia. Ti resteranno amici. E ti servirà.
Vivere è rendersi conto che questo mondo, dopo il Calvario, si regge sulla scandalosa misericordia di Dio e che questo è il clima del Regno, perdonare.

 Come una seduzione

Il tema della ricchezza è relativo a questo punto nodale, perché uno potrebbe ragionare così: se io perdono, perdo (tra l’altro anche l’etimologia di perd-onare contiene curiosamente il lessema di perd-ere). Difendi i tuoi beni, il tuo interesse, le tue ricchezze; se perdoni vai in perdita. Gesù è venuto a dimostrarci l’inganno del pensare ai propri interessi in questa direzione strozzata: se ci tieni ai tuoi interesse, l’interesse che li supera tutti è il tuo bene davanti a Dio. Il Paradiso.
Ci tieni? O baratti il Paradiso per il piatto di lenticchie? Gesù torna spesso su questo tema della ricchezza come la grande fascinatrice del cuore umano, ‘mammona’ (con la stessa radice di amen, credere, appoggiarsi, confidare); colei che ti ruba l’appoggio e la confidenza e tu ci cadi... Iniqua ricchezza!
La stoltezza di perdere la testa di fronte alle cianfrusaglie di questo mondo e giocarsi il destino vero. Qui scatta la lode di Gesù per quell’amministratore che, messo alle strette, sa che sarà inchiodato e che ha dei limiti di fondo, invincibili (zappare non ha voglia, mendicare si vergogna). Come uscirne? Dall’unica uscita di sicurezza: amici che un giorno gridino la tua bontà. I poveri, graziati, sono le borse che non invecchiano.

padre Fabio, guanelliano