VANGELO DELLA DOMENICA

I-avvento1ª Domenica di AVVENTO – Anno C

2 Dicembre 2012

Da capo l’Avvento

La Chiesa ci fa ricominciare da capo, ogni anno con l’Avvento. Perché ripetersi? Dubita anche lei, la Sposa, di aver colto l’Avvento del suo Signore; immaginarsi noi! Resto sempre colpito quando leggo del grande teologo Romano Guardini che passò parte della sua vita nello studio sui Salmi; a chi gli chiedesse come mai tanta passione per l’Antico Testamento -in fondo ormai è venuto Cristo!- rispondeva:  “nessuno può mai dire di aver incarnato il Signore, siamo sempre in attesa”. Così, per quel tanto che Cristo non si è incarnato in me, devo continuare ad attenderlo e a invocare che venga.

Uno sfondo ideale per questa prima Domenica di Avvento può essere quella preghiera che il sacerdote pronuncia dopo il Padre nostro nella Messa e che la liturgia chiama con un nome straordinario: ‘embolismo’, sì, come un embolo che si stacca e assume vita propria. Perché il Padre nostro termina con l’invocazione “Liberaci dal male” e la preghiera in questione inizia con “Liberaci Signore da tutti i mali...nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo”. Ecco l’Avvento: l’attesa della ‘beata speranza’ che ‘venga’ Gesù in cui chiediamo di essere liberati.

Liberati?

Parla di liberazione il Vangelo odierno di Luca: “Alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina”. In greco è ‘apolútrosis’, l’affrancare uno schiavo pagando un riscatto; memoria del prezzo alto che Cristo Gesù pagherà per la nostra affrancatura.

Come si introduce questa liberazione nella nostra vita e nella storia? Come viene il Signore Gesù? Qual è la musica d’ingresso? “Segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra angoscia di popoli in ansia…uomini che moriranno per la paura e l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli sconvolte…”. Così dice Luca e così dice tutta la letteratura antica per annunciare l’avvento del Signore. La liberazione inizia con sconvolgimenti e rotture, caduta di certezze, scrollamento di tanti mondi. Non si comincia senza finire. L’inizio coincide col crollo.

Non farti prendere dall’ansia -il vangelo di oggi usa il termine meraviglioso di ‘aporia’- quando inizia il crollo. È l’inizio, non la fine. Aporia è il passaggio impraticabile, la via senza uscita. Non metterti in angoscia, alza il capo e butta l’occhio a quello che arriva non a quello che cade! Quanta paura sarebbe esorcizzata se il nostro sguardo si concentrasse su quanto ci è dato piuttosto che su quanto ci è sottratto.

La nostra liberazione inizia con la memoria che il tempo si è fatto breve e che le cose vanno verso lo sgretolamento. Senza questo punto di avvio non ci si libera mai: ricordarsi del carattere relativo e passeggero della scena presenta, non per togliergli vigore, anzi! Questa vita che ho fra le mani è il momento in cui si decide l’assetto finale; dipende da come mi ordino qui il mio vedere il Signore Gesù quando verrà. Il Vangelo di oggi infatti termina con l’invito a pregare e vegliare: “perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’Uomo”. Cioè: comparirà e tu vorrai andargli incontro, ma se sei incastrato e impigliato come farai? Sarai trattenuto …intontito e senza forze.

Che dobbiamo fare? “State attenti a voi stessi”. Attenti a se stessi…?

Ma è quello che mi grida il mondo, specie in questi ultimi decenni, dopo la cosiddetta ‘me generation’ e il suo grido “tutto gira intorno a te”.

Sì, attento a te stesso. Non ti accorgi che ti si sta ‘appesantendo il cuore’? Come farai a ‘correre’ verso il Figlio dell’Uomo quando verrà se sei inebetito e intontito?

Dissipazioni, ubriachezze, affanni

Sintesi eccezionale di Luca per dire le nostre minacce, le più diverse tentazioni. Che hanno la forza di farci soccombere per indebolimento; anche nel Padre nostro diciamo: “fa’ che non cadiamo nella tentazione”. E non si allude solo alla grande prova, ma alla vita quotidiana col suo tran tran che può sfaldare e sfibrare, come un tarlo che giorno dopo giorno, senza apparenti stravolgimenti, svuota e prepara il crollo.

Dissipazioni è detto col termine “crapule”, che è l’abbandono senza freni ai vizi di varia specie, soprattutto al mangiare e al bere. Una vita di gozzoviglie.

Ubriachezze, è detto col termine “ebrietà”, che esprime la mancanza di autocontrollo e la perdita di lucidità nota a chi beve e a chi vive ‘dipendente’ dai suoi vizi, perdendo libertà e diventando schiavo.

Affanni, è detto col termine “ansietà”, che dice una vita col fiato sospeso, accelerata e convulsa, in cui il contatto con la realtà è zero, una sorta di delirio.

Tre parole di Luca per dire la nostra affannosa ricerca del benessere e i peccati di gola che non consistono nel mangiare, ma che esprimono la voracità come tendenza di fondo. Prendersi piacere, ingoiare, soddisfare le voglie: il vero peccato di gola non è ingerire, ma pensare continuamente ad ingerire, a foraggiarsi. Col sapere, col vedere, col sentire: voracità dell’orecchio, dell’occhio, delle mani; ‘assumere’ per stare bene.

La vita commerciale sa bene di questa nostra debolezza; mette un’esca di piacere e cattura un’infinità di persone. Qualcuno ricorda la vecchia storia di Esaù? Giacobbe suo fratello lo prende per fame e come esca un piatto di lenticchie; soddisfa la fame e perde il suo destino, la benedizione e l’eredità. Giacobbe rinuncia al piatto, ma trova una benedizione imparagonabile: diviene l’uomo più noto di tutto Israele.

Per questo la vita cristiana, da sempre, ricorda il valore imprescindibile del digiuno, che è un allenamento alla libertà. Cosa è la libertà? Il dizionario dice: “facoltà di autodeterminarsi”. Cosa è autodeterminarsi? Dirsi dei no. Questo mi fa stare bene. Saper dire quei no che mi lasciano sobrio e lucido, nel controllo della mia vita perché “non si appesantisca il cuore”.

L’Avvento torna a parlarci di ordine, di sobrietà; ognuno di noi ha una porta d’entrata per dissipazioni, ubriachezze e affanni. Con cui non solo perdiamo noi stessi, ma distruggiamo amicizie, missioni, matrimoni, paternità, responsabilità…lo sappiamo tutti, perché tutti ne siamo stati toccati, prima o poi.

Un segreto? Vegliate. Detto col magnifico ‘agrupneo’, proprio del pastore che dorme nel campo e, se si distrae, rischia fatalmente di perdere tutto!

  padre Fabio, guanelliano