VANGELO DELLA DOMENICA

DOMENICA DELLE PALME NELLA PASSIONE DEL SIGNORE – anno C
24 Marzo 2013

Lpalmei trovò che dormivano

In fondo, da quel tramonto unico della storia del mondo quando “si fece buio su tutta la terra”, generazioni e generazioni hanno sentito nell’anima e nella carne quello che noi rivivremo in questa Settimana Santa. Il mondo in una settimana fu fatto e in una settimana ‘rifatto’, per dire che Dio compie un gesto pari a quello che mise in moto la vita: come se tua madre ti partorisse due volte. E la seconda non è come la prima, perché è consapevole del tuo aver guastato tutto.

Credo che qui stia il centro della Settimana Santa; poter dire: amici miei, quello che sentiremo in questi giorni parla del luogo più denso del Vangelo. Parla della Croce. Un luogo in cui il perdono di Dio si mostra più forte della nostra malvagità. E bisognerà ripeterlo: la malvagità non è la natura di alcuni degli esseri umani, i più deprecabili. Perché se ci facciamo quattro conti siamo certi di chiamarci fuori, in fondo tolti pochi difettucci che neppure si possono chiamare colpe, noi malvagi non siamo di sicuro, e quelle piccole imperfezioni -ci fanno credere-  ‘sono normali’, quasi una seconda pelle.
‘Malvagio’ significa ‘allevato male’ etimologicamente. Io allevato male? E da chi? Da papà e mamma, malvagi pure loro. E, a catena, i miei genitori dai loro… Così che la malvagità non è un mestiere, ma uno status. E quale? Siamo seducibili, incantabili; cose e persone ci richiamano e ci appassionano. Dobbiamo dirlo? Per fortuna…
Insomma: nessuno è malvagio gratuitamente; bisogna che vi sia spinto da una ragione e questa, solitamente, si presenta bene. Cioè in forma di ‘bene’, qualcosa di desiderabile, opportuno, anche bello all’occorrenza. Quasi giusto, tanto che saresti stupido a dire di no. In fondo è un innamoramento e ti ci butti dentro, ci credi proprio.
La malvagità non è per nulla debolezza; anzi spesso presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. Il vero malvagio è uno specialista, che ha iniziato sì da idiota, senza ragionare, obbedendo all'istinto, come un animale nella stalla. Poi è cambiato e ha finito per crederci in quelle cose che insegue, se le prepara, fa scelte e rinunce per ottenerle. È la perenne scelta di sé e della propria salvezza in questa giungla in cui…si salvi chi può. In pratica tutto ti dice: o tu o lui, uno dei due deve morire. Beh, che muoia lui; permetti?
Ultimo stadio della malvagità è l’assuefazione. Ci stai dentro e non te ne accorgi. Quello che fa bene a te fa crepare gli altri, ma che fa? Hai paura, ti senti solo, ti tornano in faccia le cose in forma di disprezzo. Nessun fumatore sente puzza di fumo…
Ora: che c’entrano Domenica delle Palme e Settimana Santa con la malvagità?
Sta tutto qui. Gesù è venuto per offrirci un’altra possibilità, un’altra suggestione: noi siamo incantabili e seducibili. E se ad attrarci fosse altro? Se uno si accorgesse che a scegliere subito, sempre e solo se stessi non si fa molta strada?
Eccola la storia della salvezza. Quella che chiamiamo Incarnazione: Gesù venuto a percorrere la nostra via di uomini, con tutte le conseguenze, perché vedessimo che è possibile viverlo in altro modo questo prodigio che è la vita umana. Un’esistenza in cui tutto è dono, anche la morte: guarda muoio per te; ti toccava e me la prendo io.
Alla fine: tra me e te (l’antica minaccia) scelgo te. E solo così salvo me.
Incarnarsi era il modo per ‘rimetterci’ in asse: eravamo spostati dall’obiettivo. Infatti la parola ‘peccato’ nella lingua di Gesù significa ‘fuori mira’. La salvezza è questa mira che ti si ripropone: sei un malvagio, che manca il bersaglio. E che insiste. Allora oltre che malvagio sei anche scemo. Fatti furbo! Non è che devi addrizzare la mira? “Chi stringe la sua vita la perde”…vuoi credermi o no? Salvare gli altri senza voler salvare se stessi.
Rileggere il Vangelo in questa luce. Non avevano pescato nulla, e Gesù che dice? Buttate le reti dall’altra parte. Oppure quando erano migliaia, affamati e anche un tantino arrabbiati; che fare? Non abbiamo cibo per tutti. E Gesù: ma è proprio vero che non avete nulla? Non è che qualcuno sta nascondendo la sua merenda? Ma… si tratta di pochi pesci e due panini. Portatemeli qua.
Insomma: fare ‘l’altra cosa’. Perché quella di sempre ti ammazza, poco a poco, ma ti ammazza. E tu la scegli: ma sei proprio malvagio! Cioè: allevato male…
Naturalmente in tutto questo c’è molta bellezza, ma poca poesia; Gesù non si è sottratto a nulla dell’essere uomo e in questa Settimana ci viene fatta rivivere anche l’ultima prova, a cui Gesù non si sottrae: lo scandalo che marca la vita umana. Quale?
Se l’amore è la verità di Dio, perché troppe volte lo si vede perdente, infruttuoso e annientato? Questo scandalizza il cuore dell’uomo. E la Croce di Gesù non cancella lo scandalo ma lo ripropone ingigantito: uno finalmente fa la cosa che andava fatta, salva gli altri senza salvare se stesso. E che ne viene? Ecco la Passione: uno scempio, dove Gesù che si è fidato del Padre misura tutto il suo fallimento.
La Croce è conficcata in quel punto in cui l’uomo e Dio sembrano contraddirsi -lì dove la verità sembra derisa, l’amore battuto, la libertà tradita, il Presente Assente- a metà strada tra Dio e l’uomo c’è la Croce, per dire a Dio tutto dell’uomo e all’uomo tutto di Dio. Dopo una vita in cui si era mosso dalla parte di Dio verso l’uomo -curando, ascoltando, proteggendo- in questa storia della Passione Gesù è dalla parte dell’uomo verso Dio. Grida le sue paure, le sue convulsioni, il suo sbalestramento totale: questo è l’uomo di fronte alla prova. Se lo volevi sapere, Padre, questo è essere uomini.
Interessante il dettaglio del puledro d’asino, del cucciolo d’asina che Gesù cavalca entrando. Ci sarà mai un’immagine migliore per dire il nostro destino? Eravamo legati, sotto altri padroni; Gesù manda i suoi discepoli a ‘slegare’ quella bestia giovane, incapace, un po’ selvatica: “il Maestro ne ha bisogno”. Deve cambiare padrone: lo cavalcherà il Re dei Re, ne ha ‘bisogno’. E la storia di quella bestia da nulla cambia in un istante; vedrà mantelli stesi e rami svolazzanti al suo passaggio, magari si gonfierà un poco -che cosa graziosa, ma ridicola la sopravvalutazione di sé!
Se lo ricordi l’asinello: applausi e acclamazioni non sono per lui. Lui è quello che è; le cose riescono perché sopra c’è Gesù. Non confondiamo il protagonista con la spalla. Ecco: una buona spalla per l’opera della salvezza, questo noi siamo, se ci lasciamo slegare e impariamo a disobbedire agli antichi padroni. Comunque non è bello che Lui abbia bisogno di me? E per gli applausi: è bello starci in mezzo…

padre Fabio, guanelliano