VANGELO DELLA DOMENICA

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5ª Domenica del Tempo di Pasqua – anno C
28 Aprile 2013

La Pasqua nostra

Come si fa la Pasqua e che cosa dice quest’evento lontano alla vita nostra? Indubbiamente fu una svolta nella piccola provincia romana di Palestina la storia di quel Crocifisso risorto e il racconto del suo tornare vivo dalla morte fu la chiave della predicazione che i suoi discepoli portarono nel mondo: non era abituale che i morti riapparissero. Anche nel terzo millennio non é cosa da poco un annuncio cosí.
Ma il punto che ci interroga é drammaticamente personale: e a noi? Cosa puó interessare di una vicenda tanto brillante?
La liturgia del Tempo di Pasqua -ben 50 giorni di assimilazione previsti da Santa Madre Chiesa- non é la commemorazione di una storia a lieto fine che riguarda Gesú; mai la Chiesa ci farebbe celebrare il passato. Sarebbe addirittura irrisorio sottolineare che Lui ce l’ha fatta e noi ci teniamo la nostra vitarella da quattro soldi, esposta a mille rischi, che per di piú finisce e si dissolve. La liturgia celebra sempre cose vive e reali, utili e disponibili: la Pasqua sua é Pasqua tua, se vuoi.

Lui é passato da morte a vita e ora tocca a te. Questa é la chiave per leggere la pagina del Vangelo di oggi che ci invita al passaggio dei passaggi, alla svolta decisiva che sola puó permettere di regalarci la gioia della Pasqua. Vuoi vivere da risorto? Ascolta la pagina del Vangelo di oggi, che parla di turbamento e di fiducia.  

Non sia turbato il vostro cuore

Non c’é una fotografia piú precisa fatta ad ogni essere umano: il turbamento. Questo noi siamo, non qualche volta: sempre, nel fondo, esistenzialmente.
IL TURBAMENTO. L’origine greca della parola dice disordine, confusione, scompiglio, alterazione, travaglio. Difatti i latini per indicare una folla agitata iniziarono ad utilizzare la parola turba e il verbo turbare. In sostanza si tratta di una quiete alterata o assente. Chi é turbato é uno che cerca punti fermi, appigli, dimore, riposi. Fondamentalmente siamo questo: alla ricerca di un luogo, di un posto; terribilmente illusi che, trovatolo, staremo finalmente bene e sará superato quel brusio di fondo della nostra vita che dice incertezza e insoddisfazione. Gente alla ricerca di un posto.
Se mi guardo dentro, mi scopro continuamente assillato dallo sforzo di precisare chi sono, cosa ho, quale é il mio ruolo, cosa é veramente mio, creandomi quello spazio di sopravvivenza dove posso stare sicuro e difendermi. Ma da dove nasce il turbamento?
Il turbamento nasce dalla nostra situazione provvisoria e incerta; in una parola ormai nota, dalla nostra precarietá. Non sappiamo nulla di noi, del nostro futuro, del mistero della nostra origine e del nostro destino; e poi siamo cosí esposti e scoperti che chiunque e qualunque cosa possono attaccarci e impugnarci. C’é una vulnerabilitá di fondo che é tutto quello che siamo. Ci guardiamo attorno e vediamo che anche gli altri sono esposti e attaccabili, come noi; le cose di questo mondo, poi, sono anch’esse incerte: un colpetto e vanno all’aria, si dissolvono. Come faccio a non vivere nell’ansia? Il turbamento é inevitabile. Di qui nascono le strategie di difesa, le nostre piccolezze e gli atteggiamenti mediocri che sembrano darci garanzie perché ci illudiamo di trovarvi protezione e sicurezza, mentre diventano una prigione. Stupidamente crediamo che quattro puntelli possano toglierci quel rumore di fondo che é il turbamento del cuore.
Ed é tutta una vita di attaccamento alle cose, alle persone, ai nostri progetti con una morbositá che é proporzionale all’ansia: attaccamenti ingannevoli, perché non potranno mai curarci; sono tutti espedienti ingenui, piú piccoli di noi.
La Pasqua ci propone un passaggio, basato su una convinzione: la precarietá che ci segna come una cicatrice non é una condanna, ma una porta, esiste in funzione di un incontro; é un’apertura. Se sei turbato é l’occasione stupenda per fare un’esperienza... é la porta che Dio ha lasciato aperta nella tua natura perché tu potessi introdurti in una relazione.        

Abbiate fiducia in me

LA FEDE, la fiducia in Uno che ha dato garanzie vere. Storicamente attendibili.
Nella lingua ebraica fede si dice emunà -da dove viene la nostra parola liturgica ‘amen’- e significa avere fiducia di qualcuno, appoggiarsi a qualcuno, poter contare su di lui. Eccola l’apertura possibile a chi vuole uscire dal turbamento: abbandonarsi a Dio, rilassarsi in una relazione affidabile, scegliere Dio come il luogo in cui trovare certezza. Cerchi un posto? Cercalo in Dio rispondono la Bibbia e l’esperienza di Israele.
Se ci interroghiamo profondamente, questa eventualitá di Dio come nostra requie non la vediamo una cosa esterna a noi; la portiamo giá dentro come intuizione radicata. Lo sentiamo che non possiamo essere venuti al mondo senza una direzione e senza una meta. L’esperienza poi, se non siamo stupidi, ci insegna che le piccole mete di questo mondo non corrispondono a quell’intuizione profonda. Per questo Cristo puó parlare al nostro cuore e trovare spazio, perché la sua parola in noi fa leva su quell’intuizione di fondo; parla toccando quelle corde antiche che ci dicono: qualcosa di grande ti aspetta, non saziarti di cosucce, questo mondo non puó che deluderti.
Allora nasce una relazione con Cristo che é la vera pace, il posto che cercavamo. Per passare dal turbamento alla gioia e fare Pasqua ti é offerta questa Parola di Cristo che ti parla del posto eterno e tu lo assaggi mano a mano che ti fidi. Solo cosí la smetti di chiedere la vita a quattro idoli da strapazzo che la vita non la danno, ma la tolgono. E impari a chiederla a Cristo la vita, obbedendo alla sua Parola affidabile.
Soprattutto capisci che quel posto é per tutti, non é lontano da nessuno, non si compra, non si ricatta, non lascia l’amaro in bocca.

padre Fabio, guanelliano