VANGELO DELLA DOMENICA

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4ª Domenica del Tempo di Pasqua – anno C
21 Aprile 2013

Insolito

Partirei dall’elemento piú strano di questo testo di Giovanni che la Chiesa nostra Madre ci offre nella tradizionale Domenica detta del Buon Pastore. Perché l’elemento strano é il punto nuovo di lettura e di giudizio, ovviamente.
Mi tornano alla memoria commenti pesanti negli anni della mia giovinezza su questa relazione pastore pecore, a sottolineare cose trite e scontate date per eccezionali. Che le greggi abbiano un pastore e che a vicenda si riconoscano non é cosa strabiliante; come pure che il pastore cerchi di difenderle e che si curi di loro; nulla di strepitoso per ció che riguarda i pastori mercenari, i lupi, le porte, gli ovili...
Dove sta il punto insolito? Dove queste parole sono Vangelo, in quale immagine?

Abitualmente, presso tutte le culture pastorizie, imbattersi in un gregge significava e significa vedere anzitutto i cani, poi le prime pecore, quindi il grosso del gregge, in coda le pecore ciondolanti, in fondo il pastore che chiude col suo bastone minaccioso. In altre parole: un ovile all’aperto, con due porte, i cani avanti e il pastore dietro. Messaggio evidente: siete mie, dove vorreste scappare? Non ci provate.
Questo Pastore del Vangelo, in cui Cristo si descrive, é veramente singolare: non sta dietro, ma davanti. Nessun accenno al bastone e ai cani. A fare da collante una voce cara e chiara, riconoscibile.               

Riconoscere una voce

Tutta la vita cristiana porta questo respiro: la voce di Cristo. Siamo quelli che riconoscono la sua voce; a volte la perdiamo nella ridda delle voci, altre volte ce ne difendiamo cercando tane e nidi, tanta é la veritá che arriva nelle orecchie e nel cuore. Puó capitare che mi seducano i fischi striduli di pastori improvvisati o le maniere accattivanti dei primi venuti. É capitato, capiterá ancora. Ma chi la soffoca quella voce?
Riconoscere la sua voce e andargli dietro. Liberamente, senza paura dei cani e senza il timore del bastone, in un clima di sorprendente libertá. Un inno alla libertá del cristiano, questo mi pare sia il testo di oggi: ci stai e ci resti in quel gregge perché una voce, piú di ogni altra continua a dirti chi sei. Una voce nuova che ti é detta sempre per la prima volta eppure tu la riconosci, quando parla ti dice sempre la cosa nuova, ma tu dici a te stesso: “questa cosa io la sapevo”. Sei predisposto per quella voce.
Monito a tutti i pastori; quelli della famiglia, quelli della Chiesa, quelli del mondo, quelli dell’educazione. A che servono i cani e il bastone? Non porta luce al mondo un gregge impaurito e minacciato e la storia é piena di agnelli stufi che si trasformano in lupi per reazione uguale e contraria: chi accumula violenza spesso la restituisce; a volte resta nel gregge con quell’eterno scontento brontolio che appesta l’aria.
Seguire per l’incanto di una voce, restare per la forza di una voce, andare dove la voce chiede, fosse anche un sentiero impossibile: c’é Lui, perché temere?

Gregge di Cristo

La liturgia di oggi ci offre un’immagine di Chiesa, la fotografia che Cristo Pastore volle imprimere per sempre al suo gregge: sarebbe stato diverso paragonare la chiesa a uno stormo di uccelli, a un branco di cani sciolti, a un recinto di cavalli indomiti.
Questi testi di Giovanni dicono di un rapporto tra pecore e pastore che si nutre di familiaritá e tenerezza, di una libertá sovrana. Il Pastore é davanti, seguilo se vuoi; se non vuoi, allontanati. Anche lontano ti raggiunge il suo amore e la nostalgia della sua voce, perché lo conosci e poi sai tutto di Lui: conosci la storia piu bella del mondo, di un Pastore che si fa Agnello, muore Crocifisso e torna, il Vivente per sempre, a dare la sicurezza di tutte le sicurezze: nessuno del gregge andrá perduto nella morte, nessuno puó rapirci dalla mano del Padre. C’é una cosa che serva piu di questa?

  padre Fabio, guanelliano