VANGELO DELLA DOMENICA

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Battesimo del Signore – Anno C
13 Gennaio 2013

Una domanda nel cuore dell’uomo

Inizia con questo dibattito interno il Vangelo di oggi: chi ci salverà?
Basterà Giovanni con le sue indicazioni? Le abbiamo ascoltate in Avvento e ribadivano il nostro dovere, quello che ogni uomo conosce e le cui mancanze gli sono note; tutti sappiamo dove sbagliamo, anche quelli che tentano di negarlo davanti agli altri. Giovanni questo è venuto a ricordare: ognuno si impegni di più, sia coerente, faccia quello che gli corrisponde, si ravveda dai suoi errori. Si tratta della ‘preparazione alla salvezza’, ma non è la salvezza. Serve, perché nessuno può affacciarsi sulla soglia della luce senza una qualche coscienza delle sue miserie; è importante l’opera del Battista, ma non è l’Avvenimento. Anzi restare troppo a lungo su questa attitudine moraleggiante rischia di farci entrare nell’autoaccusa, nell’auto-persecuzione.

Non sono io, non tocca a me

L’operazione più necessaria al nostro destino è che tutto e tutti dicano al nostro cuore: non sono io, non mi spetta. Ce lo dica nostra madre, nostro marito, il nostro padre spirituale, l’amico del cuore, i tanti maestri: non sono io quello che aspetti, non sono io l’Avvenimento. Nella confusione delle varie ipotesi per la nostra definitiva gioia, chi veramente ci ama dovrebbe ripetere le parole di Giovanni: non è cosa mia, non sono io la salvezza, non te la spiegherò io la vita col suo segreto.

Abbiamo già illustrato la storia del legaccio dei sandali, spesso liquidata come un bell’esempio di umiltà. Tutt’altro. Riguarda l’antica legge del levirato per cui il parente più prossimo di un uomo morto senza figli doveva (‘doveva’, non ‘poteva’) riscattarne la proprietà, sposarsi con la vedova e dare discendenza a quella famiglia. Ma spesso l’avente diritto non aveva voglia, per mille ragioni; così poteva cedere il diritto, e il rito che sanciva il subentro di un nuovo avente diritto a quella donna, a quella proprietà e a quella storia familiare, avveniva attraverso lo scioglimento del legaccio dei sandali.
Ora Giovanni dice: questo è uno Sposo che non cederà il suo diritto; non è possibile il rito del sandalo. La sposa è sua e non la regala a nessuno. E quella sposa sei tu, sono io, è ogni essere umano che viene al mondo. La cui soluzione è data da un Altro, che sta per venire. Bello sapere che il tuo Sposo non rinuncia a te e non ti vende.

Col fuoco

Giovanni portava la buona notizia al popolo dice il Vangelo di Luca. Ma dove? Quale buona notizia? A leggerlo tutto (perché alcuni versetti sono stati omessi) si parla di alcune operazioni tipiche dei contadini di Israele: il frumento trebbiato è setacciato più volte con la forca per liberarlo dalla pula, poi c’è l’opera del ventilabro perché salti ogni scoria e alla fine la pala, per separare la paglia dal grano.
Si parla di Colui che verrà, del Signore Gesù, con in mano ventilabro, pala, forca e soprattutto del fuoco con cui verrà a bruciare ciò che non resta e non serve; insomma una vera e propria purificazione. Dove sta la buona notizia? Apparentemente non c’è. Tutta questa cernita puntigliosa e severa dice sofferenza e sa di purga, letteralmente (purga vien da ‘pur’ che significa fuoco in greco).
Eppure, questa notizia del fuoco che viene a dire la verità delle cose e a fissare per sempre ciò che vale rispetto alle cose da quattro soldi è proprio una gran notizia e fa parte del Vangelo, della cosa buona che ci è detta. Non è vero che ogni liberazione pur dolorosa ci alleggerisce e ci fa più belli? Passare nel fuoco di Cristo è la più sicura delle raffinazioni.

E Lui, lo Sposo che porta?

Lo Sposo, col fuoco, porterà un’altra cosa. Tutta detta nell’immagine del Vangelo odierno: il Figlio di Dio chino in preghiera e i cieli che si aprono. Questa è la salvezza: i cieli che si aprono, con la generosità del Padre che scende e si poggia, stabilmente.
Lo Sposo che è Gesù porta questo di nuovo: la salvezza sta nella relazione col Padre, nel sentirsi figli e vivere da figli. Essere immersi in Dio, con la preghiera, e vivere del suo compiacimento. La vita cristiana si spiega con questa chiave: la relazione di figli col Padre. Se tu tenti altre vie di lettura, non la spieghi la vita.
È successo la vita? Se così fosse che disgrazia! Continuo sudore e un accumulare nemici, per doverlo tenere sempre in pugno e non perderlo.
È affermazione di sé la vita? E quando mai avrò affermato definitivamente me stesso…? Dovrò sottostare alla via crucis di mille affermazioni ed esibire prestazioni sempre all’altezza.
È possesso la vita? Mi mancherebbe sempre qualcosa o qualcuno e dovrei guardarmi da ladri e pretendenti.
È sforzo la vita, impegno, sacrificio? Arriva l’ora in cui non ce la faccio più; che sarebbe dei miei giorni, un inutile girare a vuoto, dall’alba al tramonto?
La vita la spieghi solo così: tu figlio, Lui Padre. E tutto quello che succede, succede dentro questa relazione. Tutto. In questa relazione ti è dato il meglio del Padre, il suo Spirito, per capire, per saper, per gustare, per spiegare, per accettare.
Gesù prega e il Padre gli dona lo Spirito Santo, perché Gesù abbia chiaro chi è, cosa deve fare, a chi è mandato, perché. Gesù non prega per ottenere cose, ma perché la preghiera precede sempre ogni momento-apice del suo cammino; di solito la sua preghiera nel vangelo ha sempre di mira una sana e buona elezione, la scelta giusta, le mosse decisive. Gesù prega e ri-prende coscienza della direzione, è ri-condotto al principio del suo destino nella percezione più chiara della volontà del Padre.

  padre Fabio, guanelliano