06-Gesu Discepoli-12ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno B
15 Gennaio 2012


La prima attenzione, la prima preoccupazione: i discepoli.

    Se fosse solo la storia della prima comunità e il racconto dei primi fortunati ci sarebbe da arrabbiarsi. Il Vangelo non è il racconto dell’accaduto, ma il solco del possibile. Tu leggi ‘cose di altri’ e ti rendi conto che è ti indicato un percorso, come uno che ti dicesse: “Se ti interessa, prendi questa strada…”.
Quando la smetteremo di leggere il Vangelo con gli occhi dell’archivista e inizieremo a leggerlo con gli occhi del cercatore, come la mappa di un antico tesoro?

    Domenica prossima ci verrà riportata la prima predica di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo”, oggi la liturgia ci offre uno sguardo sul suo primo gesto: passa, guarda e chiama. Ed ecco i discepoli.
    Anzitutto una bella fotografia di Cristo: passa, guarda, chiede; che è un po’ diversa da certi modelli tipo ‘aspetto, mi chiamino, risponderò…’. È una visione intrigante del cristianesimo, più somigliante all’avventura che alla vita d’ufficio; con una tendenza al primo passo e alla provocazione delle domande poste piuttosto che all’attesa dei clienti e alla semplificazione delle risposte pronte.
    Che immagine di Chiesa stiamo offrendo? Questo è l’esame di coscienza per la nuova settimana che si apre. Dove è visibile oggi il Cristo che cammina, fissa lo sguardo e fa domande?

    La narrazione del Vangelo di oggi ha un andamento riducibile a tre movimenti che sono anche i tre passi essenziali per diventare discepoli: la testimonianza, l’incontro, la conversione.

All’inizio c’è Giovanni il Battista e la sua predicazione. Giovanni rappresenta tutto l’Antico Testamento, la sapienza del popolo, la conoscenza delle Scritture, quello che in una parola bellissima chiamiamo ‘tradizione’. Certo in lui vi è anche la passione per Dio e la novità di uno stile che rompa le antiche contraddizioni. Insomma è un maestro, che coniuga vecchio e nuovo, come ogni vero maestro.
Ora è evidente: nessuno arriva alla fede da solo. Ti va insegnata, perché esiste già e non la inventi tu; è una ‘trasmissione’, un passaggio di notizia: uno che ha trovato la chiave e lo racconta agli altri. Se cerchi Cristo, và o torna da chi te lo insegna.
Hai bisogno di un preparatore, del profeta che ti indichi la via.
Ecco un altro punto dell’esame di coscienza: la nostra predicazione.
Seducente o educante? Insomma la predica è un dito puntato sull’Agnello di Dio, come nella famosa tela del San Giovanni di Leonardo conservato al Louvre di Parigi?
Chi ascolta si avvicina un po’ di più a noi oppure esce da sé per mettersi in cammino?

Poi c’è l’incontro con Cristo. Che è fatto anzitutto dall’andargli dietro per un po’ muti, senza sapere perché, senza farsi troppe domande e quasi istintivamente, quasi senza motivi, più per irresistibilità che per convincimento: la predicazione ci ha messi su una strada che ci è parsa corrispondere alle esigenze del nostro cuore e l’abbiamo imboccata -che alternative avevamo?
È nell’andargli dietro che Lui suscita la domanda: “Che cercate?”.
Eccezionale: sapere ciò che si cerca. Nell’esperienza cristiana non basta ‘esserci’ e fare atto di presenza, perché questo semplice star lì è spesso causa di frustrazioni e di ambiguità. Non basta esserci nella Chiesa. Che cerchi?
La domanda prestigiosa da tirare fuori, sempre. E sempre all’inizio.
Perché noi non siamo onnicomprensivi col nostro sguardo, siamo selettivi: inseguiamo le cose che ci piacciono, le altre neppure le vediamo. E magari sono quelle che salvano.
Ognuno guarda la vita inseguendo quello che cerca; sbatte contro il resto -sbatte contro Cristo e il suo Regno- e passa oltre; non lo cercava… e se lo perde per sempre.
Che cercate?
Chiaro: cercano il luogo della sua dimora, essendo Lui un camminatore; dove ti fermi, dove è la tua casa Maestro, dove possiamo trovarti?
Bella questa iniziativa loro, sia quella di mettersi dietro a Lui, sia quella di domandargli il luogo in cui si lascia trovare: a forza di ripetere che Dio prende l’iniziativa rischiamo di oscurare il mezzo passo nostro, che pure è necessario; bisogna volerlo l’incontro con Cristo. Non ti è semplicemente regalato. Se lo vuoi, bene…altrimenti è per un altro!
Sì perché c’è gente che non si decide mai per questo mezzo passo e trascorre la vita prendendo appunti, magari ascolta davvero i profeti e si lascia incantare dalle prediche però quanto a ‘muoversi’ nulla.
E lui, con un velo di umorismo pedagogico: “Se volete vedere dove sto dovete venire”. Torna il tema della loro fatica. Vanno. Stanno con Lui.

Conversione. Nulla è più come prima, come càpita in ogni seria esperienza di Dio.
Gli cambia il nome, che è il segno di un altro cambio perché il nome è per gli ebrei l’annuncio dell’essere, una parte stessa dell’essere.
Simbolicamente sono le quattro del pomeriggio, cioè l’inizio di un ‘giorno nuovo’, giacché per gli Ebrei il giorno inizia coi Vespri del giorno prima. Stare con lui è entrare in un giorno nuovo, dal quale essi non uscirono più, quel giorno durò tutta la vita.
La conversione sta tutta in questo ri-direzionamento: una luce di pochi istanti viene a schiarire un percorso di ricerca e tutta l’esistenza ne è illuminata.
Non è ancora tutto, perché la conversione è l’inizio dell’avventura cristiana: “Convertitevi e credete al Vangelo”. C’è da iniziare a prestare fede all’Evangelo.
Ma sarà la predica di Domenica prossima.


padre Fabio, guanelliano