1ª Domenica di AVVENTO – anno B

27 Novembre 2011

 

Come uno che è partito per un viaggio

All’inizio c’è sempre tutto, come in un assaggio.

All’inizio dell’Anno, con l’Avvento, ci è già detto un po’ di tutto.

Perché l’Avvento è il ‘prologo’ e nel prologo sono sempre annunciati tutti i temi.

Poi si svilupperanno, entreranno nel dettaglio, ma nel prologo c’è tutto condensato.

Qualcosa di Lui, del Signore Gesù: era qui, è partito per un viaggio, tornerà.

Qualcosa di noi, della sua Chiesa: servi che hanno un compito, portieri attenti nella notte.

Qualcosa della storia che viviamo, che è un interludio -si direbbe in musica- come la pausa tra due viaggi del Signore: il viaggio con cui è tornato al Padre e il viaggio con cui farà ritorno tra noi.

Lui, Gesù è Colui che ritorna.

Quando parte non abbandona mai, ma instaura un modo nuovo di essere presenti.

Così il primo tempo fu quello della sua presenza nella carne, grazie a Maria.

Il tempo secondo, che ci tocca come fortuna, è quello della sua presenza nei sacramenti, grazie alla Chiesa.

L’ultimo tempo non finirà più, perché sarà la sua presenza nella gloria, cioè conosceremo di che pasta è fatto il nostro Dio, quanto pesa e quanto vale, grazie alla morte.

Ora viviamo il tempo di Lui presente nel pane e nel vino, nella sua parola, nei poveri, nella fraternità che riusciamo a realizzare.

Come vivere questo frammento?

Ecco il Vangelo di Marco di questa Domenica.

Partiamo dalle due certezze: tornerà, e tornerà senza preavviso.

Come un ladro nella notte, dice l’evangelista Matteo nel brano corrispondente al nostro. Sì, perché il fenomeno dei ladri di giorno è abbastanza recente; i ladri, da sempre, hanno operato nella notte, senza preavviso e senza rumore…tu dormi e loro rubano. Ti svegli e non puoi farci nulla.

Si poteva rendere meglio l’idea?

L’immagine del ladro calza perfettamente: la vita è un arrangiarsi continuo, perché siamo dotati, non c’è dubbio. Ma c’è un momento -ricordalo!- in cui non puoi più rimediare e aggiustare come al tuo solito.

Come evitare la sorpresa spiacevole e fatale?

“Vegliate”.

Che non è un invito alla tensione, perché il nostro è il Padre della pace e della gioia, pur nella lotta e nella fatica.

Sì perché vegliare non è sempre allegro: un malato nel suo letto e tu che lo assisti, un bimbo che strilla di notte e ti chiede cura, un morto la sera prima del funerale, un nemico pronto a colpire appena ti distrai. Vegliare può essere complicato e triste.

Qui è la veglia di chi fa le veci di un altro e lo sostituisce ‘nel frattempo’.

Il Signore Gesù è partito e ci ha affidato la sua casa con tutti i beni, “dando il potere ai servi, a ciascuno il suo compito”. Ci ha lasciato il suo potere, questo è il compito; noi fatti destinatari del potere di Cristo!

Per dare l’idea del potere messo nelle nostre mani, un’altra immagine: il portiere. Determina chi entra e chi no, le facce affidabili e quelle sospette; decide lui.

Lui parte e lascia il portiere, ma la porta non si chiude: dentro, grazie ai servi, tutto continua come se Lui fosse lì…hanno “il suo potere”.

Qualcuno smette di attendere: non sono pochi i di-sperati, non ci credono più e preferiscono vivere alla giornata, tirando a campare; come non mancano i pigri, più disprezzabili dei primi, almeno per Dante, che non li degna neppure dell’Inferno, ma li relega fuori (gli unici dei quali è detto “non ragioniam di lor”., immeritevoli di qualunque sosta).

I cattivi almeno lasciano una scia. I pigri nessuna.

Per questa Domenica: anzitutto il grazie commosso per la fiducia.

Poi rinnovare l’umiltà del ‘sostituto’: non siamo i padroni, siamo i sostituti.

Il padrone c’è ed è uno solo. Tornerà, riprenderà ciò che è suo, vorrà sapere.

Da ultimo la furbizia della veglia, perché il torpore arriva e può abbattere.

Chiaro che dormire fa bene e risponde a natura; ma anche perdere il sonno esprime ‘naturalmente’ l’amore per ciò che vale.

Tornerà e…potergli dire -come in un’indimenticabile canzone cara ai napoletani- “quanto sonno ho perso per te”. Aspettandoti, pregando, sperando, credendoci.

La forza?

Per molti secoli, come in Quaresima, anche in Avvento i credenti praticavano il digiuno e la preghiera più intensamente. Per amore, s’intende.

 

padre Fabio, guanelliano