4ª Domenica di AVVENTO – anno B

18 Dicembre 2011

 

Rallegrati e non temere.

 

Come è arrivato il Signore Gesù? Come arriva? Come arriverà?

Al culmine dell’Avvento ci è detto del suo venire da sempre e per sempre.

Il racconto di Luca ridotto spesso a storiella dalla nostra invincibile ignoranza vuole rispondere a questo: che succede quando entra Dio e cosa fare per farlo entrare.

Una storia a due binari: la sua azione, la reazione di Maria.

Due personaggi; uno invisibile che muove tutto, l’altro visibile chiamato a posizionarsi di nuovo.

 

L’azione di Dio.

Luca dice che è una sorpresa; anzi -a giudicare da ciò che suscita- un’invasione, la storia di un’irruzione subitanea ed improvvisa. Che vuoi preparare?

Dio entra e promette: perché sa che solo la speranza tiene in piedi e promettere significa indirizzare, orientare. Ovviamente impegnandosi in prima persona, perché promettere è promettersi.

Due parole dice Dio quando si affaccia nell’anima: rallegrati e non temere.

Sì, gioisci, rompi con la tristezza perché nessuno è contro di te e quello che ti capita è verso la luce, vuole solo farti lievitare e fiorire. Rallegrati, sai quanti avrebbero voluto?

È una botta di fortuna.

E poi non avere paura: smettila di dar da mangiare ai tuoi timori! Tu certe cose puoi farle e altre no; certe cose le capisci e altre meno: ma -parole di Gabriele- credi che Lui sia come te? Lui gioca sempre sulla linea dello straordinario-impossibile e a questo livello di cose ti chiama, Maria…fidati!

Tutto comincia dal suo irrompere; senza il quale non è data l’avventura del credere; non è sforzandoti o studiando, non è con l’esercizio e con le strategie che lo trovi.

Entra Lui. Attraverso i suoi angeli.

E per i secoli ripete: gioisci e non obbedire alle tue angosce. Ci sono io.

Su questo punto piccolo si regge tutta la storia di un’anima.

 

La re-azione di Maria.

Anzitutto la meraviglia turbata, la stessa del bambino che viene al mondo e ha bisogno di tempo; deve prendere le misure con le voci e con le immagini, perché prima –là dentro- era tutto diverso e noto, rassicurante.

Una creatura viene alla luce e tutto lo scuote. È l’impatto con un mondo nuovo.

La vocazione è un venire al mondo che suppone uno sconcerto; se uno venisse al mondo nell’età della ragione si stupirebbe di tutto…

Maria ha già un suo stile, certe regole, una linea di vita e di preghiera: ora che succede? Dove mi porta questa storia? Turbamento inevitabile.

E ora a chi la dico una cosa così? Chi mi crederà?

Mai successo prima, mai successo dopo.

Sul turbamento c’è chi scappa, chi si nasconde, chi cerca protettori, chi si distrae. Maria che si nutre di raccoglimento fa l’altra cosa: fa una domanda.

Mi innamora questa prima emissione di fiato di nostra Madre Maria: la sua prima parola è una domanda.

Mi innamora perché fa convivere il si con le domande, il credere col pensare…

E la domanda va dritta al centro: Gabriele, ma tu lo sai cosa riserva la nostra Legge a chi va fuori pista? Lapidazione, sulla porta della casa paterma, a futura memoria…

Chiudo gli occhi, Maria, e immagino gli sguardi curiosi dei paesani, le strizzate d’occhio, qualche battuta fuori posto, le chiacchiere di villaggio riferite a tua mamma…

Dal frastuono dell’irruzione, al turbamento, alla domanda di senso, al tuo Amen.

Perché gli hai detto che ci stavi?

Senza voli acrobatici; l’angelo ti porta anche una prova.

Vedi Elisabetta? Tu vergine. Lei sterile.

Hai capito come si muove Colui che fa nuove tutte le cose?

E con un intraducibile “ghenoito” Maria ci mette la firma: quanto vorrei che capitasse, Gabriele! “Ghenoito” è il verbo essere all’ottativo, cioè a quello che nel greco classico si chiamava ‘desiderativo’. Una sorta di… “magari”, sarebbe troppo bello!

 

Perché la Chiesa chiude l’Avvento con Maria e il suo sbalordimento?

E da dove nasce la sua adesione?

E dove porta?

 

Vuole dirci della fede; questo accettare di essere portati ad un altro livello di cose, dall’evidenza dei fatti all’inevidenza delle promesse. Roba da vertigini?

Aveva ragione il filosofo danese Kierchegaard a dire che credere è “inoltrarsi in un sentiero dove tutti i cartelli dicono: torna indietro”?

Non troppo perché a Maria sono fornite delle prove evidenti: la gravidanza di Elisabetta è uno schok ed è una spiegazione inconfutabile. È la firma di Dio.

Tanto è vero che è da Elisabetta che correrà Maria. Solo lei potrà capire.

 

Sapessimo cogliere e raccogliere tutte le prove di Dio! Tutte le sue firme.

Credere sarebbe quasi ovvio. Dovuto.

Perché Maria ci sta? Aveva chiesto una spiegazione, le viene data.

Da stupidi non accettare.

La ragionevolezza del credere e dell’affidarsi. Ecco la predica di oggi.

Che è una furbizia; difatti così la saluterà Elisabetta: “Beata te che hai creduto!”.

 

La tassa da pagare? Il deragliamento.

Perché all’inizio uno sente i brividi. Maria fu turbata.

 

 

padre Fabio, guanelliano