3ª Domenica di AVVENTO – anno B

11 Dicembre 2011

 

Mandato da Dio

 

Domenica scorsa si parlava di angeli mandati da Dio. Oggi si parla di testimoni.

Mandati da Dio.

Perché questo è il punto di discrimine: quelli che Dio manda e quelli che si presentano da sé, quelli che sono la voce di Lui e tutti gli altri.

Nel catechismo e nell’ascetica antica si chiamava discernimento: era l’arte di riconoscere quello che veniva da Dio e le cianfrusaglie; Giovanni è mandato da Dio e ne porta i due segni inconfondibili.

 

La responsabilità dell’annuncio, anzitutto. La testimonianza.

“Venne per rendere testimonianza alla luce”.

Chi conosce un po’ il Vangelo di Giovanni sa che tutto il racconto si sviluppa come un processo a Cristo: singole scene di un dramma in cui fin dall’inizio affiora la condanna già decisa. Come ogni processo con due attori: da una parte Cristo con il suo annuncio e la sua offerta di vita, dall’altra il mondo che lo ignora, lo respinge, tenta anche di soffocarlo.

E questa storia è il modello della storia: cioè sarà così per sempre, fino all’ultimo giorno, nell’eterno scambio e nell’eterno scontro tra la Luce e le tenebre.

In questo dibattito senza fine sono chiamate in causa persone diverse dalle due parti processuali, i testimoni appunto, terze persone rispetto ai due contendenti, con la responsabilità di narrare i fatti di cui hanno conoscenza.

Oggi ci è chiesto di verificare la nostra presenza nel mondo: anzitutto da che parte stiamo e poi la confessione sincera sulla nostra esperienza di Luce.

Quel vivere attestando che la Luce c’è, che ci ha convinti, che ha smagato tutte le nostre resistenze e ci ha messi nella gioia; dopo infiniti assaggi di piacere siamo entrati nella gioia offerta dalla Luce: la gioia di vedere, capire e gustare.

Certo il sì alla Luce chiede di rinnegare le proprie visioni e diffidare dei propri occhi, perché non si dà luce senza un passaggio dal disordine all’armonia; la Luce squarcia sempre le tenebre, come quando sei nella penombra e i raggi ti feriscono.

Ci aiuta un fatto intrigante nel racconto della creazione.

Nel libro della Genesi si racconta della luce creata il primo giorno e poi, nel giorno quarto, Dio crea il sole e la luna: ma allora la luce del primo giorno cos’era? E cosa è il sole? Cosa è la luna creata nel quarto giorno? Immagine di quella prima Luce.

Vederci e non vedere con gli occhi di Cristo, questa sarebbe la tragedia; vedere e non vedere con la Luce che Cristo porta sarebbe la stoltezza.

Vedere è nulla, vedere è un giochetto, vedere si fa presto e non c’è fatica.

Vedere le cose e le persone e non vederle alla Luce di Cristo è non vederle.

 

Secondo segno inequivocabile di quelli che Dio manda: Stare al proprio posto.

Saper dire: non sono io. Vi siete sbagliati, Lui è Lui. Io non sono Lui.

L’avevano pensato le varie delegazioni di Giudei…si poteva pensarlo; poteva crederlo lui stesso, tentato dal successo. Perché i Testimoni acquistano una loro luminosità, sono cercati da tutti e rischiano il delirio di onnipotenza. Se diventano personaggi rubano la scena all’Imputato e si trasformano in schiavetti della loro popolarità.

Il pensatore inglese Bacone metteva in guardia dagli idola, cioè dalle trappole che impediscono la verità del nostro essere: gli idola tribus, gli idola specus, gli idola fori, gli idola theatri. Questi ultimi soprattutto: la paura del giudizio altrui e dell'opinione pubblica, lo stare sempre a ciò che è la media del pensiero comune; la servitù delle attese e delle abitudini altrui, che alla fine tolgono la libertà e la purezza del cuore;il gusto del successo e il bisogno di essere approvati. Il piacere di piacere.

Andrebbe praticata tutta una diseducazione, una smontatura di coloro che sanno vivere e collocarsi solo come ‘soggetti’ nel quadro del mondo, incapaci di fare da spalla e da secondi. Meraviglia dei Santi che sentivano di essere nulla: Filippo Neri reagiva al Papa Clemente VIII che lo voleva nominare cardinale: “Chi meglio di te, Pippo buono; chi meglio di te?”. “Il primo che passa è meglio di me”.

I Testimoni veri fanno la loro parte e scompaiono perché tutta la loro ragion d’essere è in quella narrazione dei fatti di cui sono informati.

 

Mandato da Dio. Giovanni è ‘un’idea’ di Dio.

È figlio di Zaccaria, e Zaccaria in ebraico significa: Dio ha un pensiero.

Concepirsi così, come un pensiero di Dio, pari a un’idea frullata nella creativa e fantasiosa mente di Dio; questo siamo. Pensieri suoi fatti carne, con un compito.

La tristezza di molte vite viene dal non sapere di avere un compito; la gioia –ce lo ricorda questa Domenica Gaudete- viene dal sapere di questa missione: testimoniare la Luce e tornare al posto nostro, allenarci e riallenarci ad uscire di scena, perché l’ultima Uscita non ci faccia troppo male.

 

Un incanto di Testimone, il Battista, capace di mettere insieme le due anime di ogni testimonianza: il silenzio del raccoglimento che profuma di deserto e il grido per la giustizia. Non sfugge al setaccio, prima e dopo, come ogni vero testimone.

È figlio di Zaccaria, come abbiamo detto, e di Elisabetta: suo padre resta muto per tre mesi prima della sua nascita, per non essersi fidato, e sua madre vive da reclusa per la vergogna di ritrovarsi incinta a quell’età.

Figlio della vergogna e della mancanza di fiducia.

Finirà con tutti i suoi dubbi nel carcere di Macheronte, totalmente confuso perché aveva annunciato scure e falciatrici, ma arriva Uno che parla di semine pazienti.  

“Il più grande di tutti i nati di donna, ma il più piccolo nel Regno”.

Noi siamo quelli del Regno. Più fortunati di lui…

 

padre Fabio, guanelliano