26 Domenica del Tempo Ordinario  anno BVangelo della Domenica

26ª Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

30 Settembre 2012

 

Di che si parla?

Così leggerei il Vangelo. Quello di oggi è quello di sempre.
Con la domanda chiave: qual è il punto?
Dovessi dare un titolo a questa pagina del Vangelo, come lo intitolerei?
Naturalmente ognuno metterebbe il suo titolo, perché “tot capita, tot sententiae”: ognuno legge mondo, vita e Vangelo a partire da quello che lui è. Leggere è leggersi.
Io suggerirei una seconda domanda: come finisce la storia? Perché la fine rivela l’inizio.

Piuttosto tagliati una mano o un piede

Finisce così il brano di oggi: piuttosto cavati un occhio o amputa uno dei tuoi arti. Ma piuttosto rispetto a cosa? Cosa c’è prima?
Prima c’è una storia interessante che per alcuni sembra riguardare l’appartenenza e che personalmente ritengo parziale come lettura; mi pare che in modo più globale si possa dare questo titolo al brano di oggi: MA COME SI FA IL BENE?
E quindi la conclusione sarebbe: piuttosto che fare il bene così, fatti tagliare una mano o un piede… Ma così come? Come avevano tentato di fare il bene?
Andiamo con ordine: Giovanni, uno dei discepoli presenta a Gesù un caso di disordine’ sedato con un atto di forza, “c’era uno che usava il tuo nome per fare guarigioni e glielo abbiamo impedito”. Naturalmente: come si permette costui, che non è dei nostri, di fare del bene invocando il tuo nome? A monte non si dimentichi che c’è un’esperienza di fiasco dei discepoli; cioè mentre loro, che sono di Gesù legittimi, non funzionano, uno qualunque, magari straniero e pagano, abusa illegalmente del nome di Cristo e funziona.
Era una prassi dei guaritori antichi utilizzare il nome di un personaggio famoso per il rituale di guarigione: Gesù è ormai un mito, sebbene discusso, e quindi invocarlo è ‘alla moda’. Cosa sarebbe stato al limite più coerente da parte di Giovanni e del gruppo? Dire a Gesù: “Perché invoca il tuo nome se non è un tuo discepolo?”. Invece la sottolineatura è sulla cerchia: “non è dei nostri”.
Qui si invoca un atto di pulizia e di ordine. Mi viene in mente un caso di qualche anno fa e molti altri del passato, anche nella nostra Congregazione guanelliana, di un superiore che praticamente emarginò, con tanto di ‘scomunica’ sul bollettino ufficiale, un nostro fratello da tutti ritenuto una persona bella e buona, per il solo fatto che si dedicava ad un’attività verso i poveri non codificata dalla casa. Un chiaro disordine. Paradossalmente si arrivò all’emarginazione più ridicola: sì, può rimanere con noi, ma gli togliamo voce attiva e passiva. Starà a tavola con noi, ma dovrà contribuire alle spese; non potrà partecipare alle riunioni di comunità… Un fratello! E se fosse stato un nemico? E per fare il bene. Non perché spacciasse droga o favorisse la prostituzione. Chiaramente era colpevole di non intendere il ‘fare il bene’ così come lo intendeva il superiore che, ovviamente, non può tollerare il disordine.
Quante volte si realizza questo modo di ‘ordinare’ il mondo? Eliminare per stare bene. O mettiamo ordine o dove andiamo a finire? Se rientra nella visione globale bene, se no fuori. E rapidamente. Con mezzi subdoli e studiati. E approvati dall’alto!
Questo in altri tempi si chiamava nazismo; che ha creato la polizia, i necessari campi di concentramento, la violenza come stile. Vuoi l’ordine e la pulizia? Vuoi una qualità di vita superiore? Butta fuori il diverso e l’inferiore, chi non rientra. Caccialo!
Cosa dice Gesù rispetto a questo delirio umano che vorrebbe concedere il diritto di vita agli altri? Come la pensa Cristo a proposito del chi deve stare dentro e chi fuori?

Ma piuttosto tagliati tu!

Piuttosto che tagliare fuori qualcuno tagliati tu! Rinuncia alla tua visione delle cose (occhio), taglia le tue opere (mani) e le tue direzioni di marcia (piedi).
Siamo messi a giudizio da questa parola circa tutte quelle volte in cui, per stare bene noi, troviamo come soluzione ideale l’eliminazione dell’altro; Cristo dice che la sua strada non passa mai per questa via. Chi è di Cristo non ‘scarta’, ma ‘sceglie’ la vita degli altri, la preferisce quasi.
Qui non siamo nell’ambito dell’obbedienza alla legge, ma nell’ottica del Regno di Dio: che mondo costruiamo se continuiamo ad escludere, a sottolineare i conflitti, a contrapporci vedendo nemici ovunque? Chi esclude, si esclude. E resta solo alla fine.
Il Signore nostro Gesù Cristo è venuto perché nel suo corpo amabile succedesse quello che avrebbe dato vita agli altri, a tutti: mani e piedi inchiodati, occhi sfregiati, costato squarciato, perché il bene solo così si fa. Col proprio sangue.

Il ritornello

E siamo al motivo dei motivi, alla canzone di tutte le Domeniche, finché la Chiesa ne celebrerà. Come si dà la vita? COME SI FA IL BENE? Pagando.
Non si diventa padri, madri, fratelli, amici se non si paga con la propria vita. Volevi eliminare lui? L’altro? Ma sii sincero! Perché? Tu lo volevi eliminare non perché elemento di ‘disordine’, ma perché tocca la tua zona di comando o di sopravvivenza, il tuo fascio di prestigio o di privilegio, la tua faccia davanti al mondo…
Ora -dice Cristo- come si fa a ‘volere bene’ senza perdere qualcosa?
Ed è così tragico perdere onore o prestigio, perdere le proprie ragioni o la visione della realtà in nome del ‘guadagnare un fratello’? Questa è la nuova Alleanza: Cristo Gesù che si lascia colpire nel proprio corpo pur di amare veramente.
Naturalmente che nessuno pensi ad amputarsi nulla!
Questa è opera di Dio. A chi pensa di fare il bene eliminando gli altri è la vita stessa che procura amputazioni. Amputazioni attraverso le quali Dio ti apre -dolorosamente- alla verità, alla comunione, al Vangelo. Ogni volta che sei stato ‘amputato’ tu sentivi solo il dolore del taglio, mentre dietro c’era la carezza del Padre che ti curava, perché ne avevi bisogno.
Che mi importa di perdere una mano, se ho guadagnato il fratello e il Padre?

padre Fabio, guanelliano