Omelia sul Vangelo

 della 32ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

XXXII domenica-anno-c

10 Novembre 2013

Gesù e le domande

Ci siamo già fermati varie volte a considerare lo stile abituale di Gesù nei confronti delle domande. Non dimentichiamo che è un Rabbi e che la relazione con questi maetsri d’Israele si basava sulle domande, dei discepoli, ma anche della gente; degli oppositori, dei membri di altra corrente. E si tramandavano le domande e le risposte: “Fu chiesto al maestro tale...la questione tale... e rispose...”. Così cresceva lentamente il patrimonio della spiritualità ebraica.
Per questo anche il Vangelo riporta spesso domande e risposte come trama di certi incontri o come sintesi della dottrina di Gesù. Interessante studiare l’atteggiamento di Gesù verso le domande umane. Ce ne sono alcune che non sono domande e ce ne sono altre che contengono già nelle basi un incastro, a imbuto. Comunque rispondi cadi nel ridicolo o nell’errore. Ad alcune non risponde, altre le rigira, altre ancora le porta ad un livello diverso di trattazione, in genere smascherando i presupposti truccati delle stesse.


Anche questo è Vangelo ed è per noi: la nostra è vita non è meno sottoposta a domande e alcune sono vere trappole. Come la pubblicità, come la comunicazione viziata, come la moda. Che aiuto ci viene dal Vangelo? Spostare le domande, rinviarle al mittente, capovogerle, elevarne il livello. Comunque smascherarle. Anche questo è Vangelo. 

Il caso dei sette mariti

Quella volta la domanda veniva dai Sadducei. Un gruppo pragmatista legato alla casta sacerdotale che aveva in mano il potere, soprattutto il potere della gestione del Tempio e della vita religiosa; gli economi della fede di Israele. Positivisti ante litteram; per essi la risurrezione non era un orizzonte sensato. Esiste quello che si vede e che si tocca e su questo campo va esercitata la fede. A cosa si riduce? Un’etica più o meno sopportabile; il tentativo di soffrire il meno possibile, vivendo con una certa onestà e secondo una giustizia molto perimetrata.
Domanda truccata a Gesù circa questa irresistibile donna che seppellisce ben sette fratelli: di chi sarà se parliamo di risurrezione? Chiaramente: uno è sempre di un altro. Soprattutto una donna è sempre di qualcuno, a meno che non sia di tutti. E questa?
Va precisato qualcoso che è molto noto, ma potrebbe essere trascurato ad una lettura superficiale. Si tratta di una vedova e in Israele soleva sposarsela il fratello del morto perchè l’eredita correva solo in linea maschile; quindi, per proteggere l’eredità era importante per la donna avere un figlio. Figlio che per legge veniva considerato prole del defunto, naturalmente. Quindi qui siamo di fronte all’orizzonte del possesso: delle cose e delle persone.

Lo spostamento di orizzonte

Gesù questa volta risponde restando sul terreno della domanda: è vero, dice, i figli di questo mondo fanno queste cose. Si sposano, poi si risposano, poi ancora...il loro problema è di chi sono le cose, a chi appartiene quella moglie, a chi andranno i beni.
Ma io vengo a portarvi la cosa nuova, la vita futura e la risurrezione. Ci sono i figli di questo mondo il cui orizzonte è quello in cui vi muovete voi e la vostra faccenda grottesca della donna di sette mariti...e ci sono i figli di Dio.
Per dirla col linguaggio di San Paolo e di tutto il Nuovo Testamento: c’è il vivere secondo la carne e secondo il cielo. Vivere secondo la carne ti chiede di sposarti per prendere, per assumere, e non una sola volta; alla fine vivi per quello. Vivere secondo il cielo è un altro modo di campare per cui ogni singolo atto di questa terra è fatto e visto alla luce del cielo e della vita eterna, ogni singolo atto d’amore e ogni scelta, anche sposarsi.
La fede nella Risurrezione ci aiuta a ridurre in qualche modo l’assolutismo del presente e delle sue pretese. A stargli dietro ci si congestiona e basta. Chi vive secondo il cielo sa liberarsi di quella tirannia, perchè la fede nella risurrezione effettua come un esproprio dal proprio io insaziabile.
Che pena certe esistenze che non hanno la Risurrezione come orizzonte; certe vite sacerdotali o matrimoniali, come alcune amicizie, tanto volontariato...dove quello che conta di più è come io sto oggi! E uno sta sempre a misurarsi, a verificare se sta bene, il livello del suo benessere e della sua soddisfazione... Sono da compatire certe esistenze dove uno magari segue Cristo, ma solo per questa vita!
Chi vive per il cielo da una parte trova il giusto modo di stare con le persone e nelle cose, dall’altra sa anche staccarsene; e non per questo le ama di meno. Le vede nella loro luce più giusta.

padre Fabio, guanelliano