Omelia sul Vangelo

 della 29ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

XXIX dom tempo ord c vedova-e-giudice-disonesto20 Ottobre 2013

Senza scoraggiarsi

Il peso di questa nota parabola di Cristo sembra cadere su quel verbo interessante che apre il racconto: senza “perdersi d’animo”. Pregare sempre, senza smarrire la speranza. Si tratta quindi di una parabola offerta a gente che corre questo rischio di chiedere senza venire ascoltata. Fa parte della scuola che Gesù sta dando ai suoi discepoli e questa è la lezione sulla perseveranza. Perchè imparino a stare nelle mani di Dio.
Luca sottolinea molto nel suo Vangelo il tema della preghiera come segnale della relazione con Cristo; ha già accennato cosa il discepolo deve chiedere (nel Padre nostro) e come chiederlo (nella parabola dell’amico che scoccia a ore inopportune). Ora accentua il tema della tenacia che nasce dalla fede, perchè chi si è affidato a Dio di lui si fidi senza perdersi d’animo: la perseveranza è premiata anche se in ballo c’è un giudice discutibile, immaginarsi quando si ha a che fare con Dio, giusto, buono e fedele.
Non dimentichiamo che nella cultura giudaica si limitavano a tre volte al giorno i tempi della preghiera, per paura di stancare Dio; Gesù annuncia un modo nuovo di stare davanti a Dio: non si stanca, non si scoccia.
Ma cosa diciamo con la parola perseveranza?
Certamente vanno evitate due derive: l’insistenza fastidiosa e la ripetizione meccanica, anche perché, sarà pur vero che Dio ascolta chi grida a lui, ma è altrettanto vero che ascolta a modo suo. Il noto pastore protestante Bonhoeffer, morto nei campi nazisti di concentramento, scrisse: “Dio ascolta sempre le nostre suppliche, anche se non esaudisce tutte le nostre richieste”. Che è una prova ulteriore del suo amore perché siamo incapaci di pregare e spesso chiediamo ciò che non serve, non vale, non aiuta.

Perseverare non nelle richieste, ma nella fiducia. Qualche volta bisognerá anche cambiare le domande, perchè perseveranza non è ripetere ostinatamente, ma serena convinzione che Dio ci ama anche quando sembra ignorarci.
Per questo appare in positio princeps l’invito a non scoraggiarsi: Gesù sa che il comportamento di Dio può deludere l’uomo, perchè chi ama davvero sa anche deludere, dicendo quei santi e benedetti ‘no’ che servono. Questo è lo scopo della parabola.

Curiosamente

La sorpresa è che poi tu ti aspetti di trovare una parabola che parli di questa capacità dell’uomo (nel caso specifico della vedova) di essere perseverante e di fatto questo elemento non manca, ma è secondario. Il centro della parabola non è l’insistenza nel fidarsi o nel chiedere, ma la prontezza di Dio nel mettersi a lato delle sue creature.
Insomma, il centro non è la vedova, ma il giudice. Se un uomo spietato e freddo come lui alla fine si lascia indurre alla giustizia dalle suppliche di una donna senza forza, quanto più Dio... E si parla di intervento ‘certo’ e ‘pronto’.
Il vero problema, avvisa Gesù, non è l’intervento di Dio, ma la fede dell’uomo: “Quando il Figlio tornerà, troverà questa fede sulla terra?”. Come dire: non preoccupatevi di Dio, che il suo mestiere lo conosce e lo fa bene; preoccupatevi della vostra fede!
Dio non è come quel giudice, mosso solo da inclinazioni personali e da idee sue

Fammi giustizia

Un espressione che ricorre quattro volte in questi pochi versetti merita la nostra attenzione. Non dimentichiamo che la sete di giustizia è il clima di tutto il Vangelo e di tutto l’annuncio del regno: se Gesù è venuto è venuto per aprire finestre di speranza ai poveri e agli indifesi soli, di cui la vedova è ovviamente un simbolo.
Questa pagina mette a fuoco la situazione dei poveracci della storia che si vedono oppressi e trattati come se fossero dalla parte del torto, nonostante siano buoni e senza colpa. Una batosta quotidiana che quasi cerca di instillare loro l’idea del bene sconfitto.
La vedova serve per dirci fino alla fine dei secoli che ad essere messa in discussione non è solo la fiducia dei poveri, ma la giustizia di Dio: se Dio è Padre amorevole perché le sciagure? Se Lui è giusto perché l’ingiustizia? Se la sua Parola è verità perché non ce la fa a sconfiggere la menzogna? E in fondo: perché non ci ascolta se è dalla nostra parte?
La vedova disegna la figura del povero di sempre che non ha protettori e se anche li avesse magari cozzerebbero contro giudici che se ne infischiano, una nullità che non può comprarsi il giudice corrompendolo perchè non ha mezzi...
Di fronte a questa situazione apparentemente insanabile Gesù certamente chiede ai suoi la speranza che nasce dalla fede: non esistono situazioni inguaribili per chi crede. Ma al tempo stesso, se ci mette davanti come esemplare questa vedova è perchè lei può sedere in cattedra e farci lezione. Due i punti del suo insegnamento: sente di avere diritto alla giustizia e sente di avere un nemico.
La vedova ha percezione di aver diritto alla giustizia, che è la bella relazione con Dio e coi fratelli; gli spetta e lei lo sa. Come lo sapeva il figlio della parabola: “quanti salariati in casa di mio padre...e io che sono suo figlio”. Ecco, ogni uomo dovrebbe alzarsi al mattino e ri-avvertire questa intuizione: “io che sono suo figlio”. Io che ho diritto a una vita bella...
Ma la vedova sente anche che questo diritto è minacciato; lei ha un avversario e se il giudice non la aiuta, quello se la mangia, la distrugge. Per questo prega. E insiste. Non potrebbe farne a meno, è questione di vita o di morte.
Chi è che grida giorno e notte? Chi sente che è necessario avere un rapporto con Dio e sente che altri attentano a questa relazione. Prega giorno e notte chi sa di essere inseguito e non smette di correre, se no è finita...
Se uno perde la coscienza del suo avversario, di tutte quelle istanze che cercano di rubargli il rapporto con Dio, allora smette di pregare.

padre Fabio, guanelliano