Omelia sul Vangelo

 della 26ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

XXVI domenica-anno-c29 Settembre 2013

Sottovalutare occasioni d'oro, questo è il peccato

Su cosa mette l’'obiettivo Gesù?
Quale appare il suo sconcerto?
Non certo l’'esistenza contrastante dei ricchi e dei poveri come scandalo, che pure sarebbe un tema. Neppure un giudizio sul ricco in quanto tale; nel senso che la colpa del ricco non starebbe nella sua ricchezza, ma nella sua cecità.
Il vangelo non lo descrive sprecone senza scrupoli o approfittatore a danno altrui. Ricco si, ricchissimo anzi, perché il suo abbigliamento segnala il massimo del lusso.
L'’accento del vangelo di questa Domenica è evidentemente su questo punto sorprendente: il povero è così vicino da stargli alla porta eppure il ricco non lo vede. I poveri hanno il difetto di essere invisibili da certe categorie di persone; eppure sta lì, alla porta …non è invisibile!

Che cosa strana! Arriva di là, dove a uno è dato di vedere tutto e finalmente vede il povero Lazzaro; come sarà stato a disagio vedendolo felice.
Sì, lo vede solo dopo, quando si trova fra i tormenti, ma anche lì la sua vista ha un vizio di fondo: lo vede sempre e solo come un poveraccio, che al massimo può fare da schiavetto a lui che si sente ancora un personaggio. Chiede servigi, vorrebbe utilizzarlo come messaggero. Comunque sempre sottomesso.

Perché il difetto dei ricchi, così come appare dal Vangelo, è essenzialmente un difetto di vista : o non ci vedono o ci vedono di traverso, con alterazioni profonde dettate dall’arroganza e dalla supponenza. Grande pagina per dire una verità antica; chi sono gli altri per noi. Ecco questo dipende da chi sei tu.
Se sei un re, gli altri saranno sempre e solo dei sudditi; se ti senti un maestro tratterai tutti da scolari; se vivi dandoti arie da benefattore, gli altri per te sono dei debitori; se sei roso dalla vanità cercherai solo ammiratori; se a guidarti è l’'ambizione, gli altri sono il trampolino dei tuoi tuffi, ti servono, semplicemente.

Questo vangelo ha un punto drammatico, quasi da brivido; arriva l’'ora in cui anche il grande patriarca Abramo non può fare nulla. Nulla si può fare per cancellare il proprio passato, neppure Dio lo può, non solo Abramo. Le nostre azioni lasciano un solco e anche le nostre omissioni. Tutto è un dialogare con Dio nella nostra vita, tutto è un dirgli di si o di no. Non c’è neutralità.
Drammaticamente c’è un punto di non ritorno; non è dato di salvarsi in extremis, magari pagando. Quello che hai fatto resta e quello che non hai fatto non lo trovi.  Non è la stessa cosa servire o farsi servire, amare o essere indifferenti, fermarsi o procedere: gli esiti possibili sono due, e sono in forma di dilemma, cioè intangibili e inconciliabili.

Disperato l’ultimo tentativo di mandare ad avvisare i suoi. Che altri inviti servono? Guarda te stesso, caro ricco: hai avuto spalancata la tua porta per il Paradiso. Che ne hai fatto? Ce l’avevi lì, sotto gli occhi, la tua occasione per amare. Mediteremo questa settimana sulle occasioni d’'amore che ci sono messe sotto gli occhi e chiedono di essere attraversate come la  nostra soglia per il cielo?

 padre Fabio, guanelliano