2-dome-di-pasqua-anno-bSECONDA DOMENICA DI PASQUA – anno B

15 Aprile 2012

Il punto d’appoggio della paura

            Non sono pochi quelli che hanno tentato di screditare l’annunzio pasquale.
Tra questi ritrovo anche me stesso, ai tempi di certe effervescenze intellettuali. Coloro che avevano vissuto con Gesù -si dice in questi casi- erano così entusiasti, così carichi di attese e speranze, che, alla morte del maestro, crearono essi stessi, nella loro fantasia esaltata, l’idea di un Signore risorto.

            I testi evangelici della Risurrezione suscitano qualche sorpresa al riguardo, perché vanno nella direzione opposta: non fu un’invenzione di qualcuno, perché questo supposto qualcuno fu tra i primi ad esserne spiazzato.      

            Le donne vanno alla tomba certe di trovarvi un cadavere sigillato dietro la pietra e di ungere il corpo di un morto; Giovanni e Pietro corrono al sepolcro sicuri che il racconto della tomba vuota sia una baggianata di donne; gli apostoli se ne stanno rinserrati perché senza il maestro si sentono soli e temono di essere identificati; Tommaso non si lascia incantare dalle visioni altrui; i due di Emmaus archiviano nei loro tristi discorsi una storia già morta e sepolta. Quadro evidente: sono tutti fuori strada.

            In altre parole: ce n’era uno pronto o predisposto? Si può essere pronti per la Risurrezione? C’è qualcosa in noi che la richiama? Sta forse in fondo alle nostre attese e ai nostri ragionamenti? L’incontro in cui possiamo ‘vedere’ Gesù non è nostro e non vi siamo predisposti; decide Lui di venire e basta. Arriva ed entra nonostante le nostre paure, perché questo è il senso di quella strana costruzione del Vangelo di oggi che la lingua greca chiama genitivo assoluto, un valore concessivo: “nonostante fossero chiuse le porte, Gesù venne, entrò e disse ‘Pace a voi’”. Lui passa a porte chiuse. Lui.

            Giovanni ci presenta la condizione dell’uomo su cui arriva la pace del Risorto: un uomo che vive barricato per paura. Cosa non si fa per te, benedetta paura! Si tace e si parla, ci si muove e ci si blocca, si vuole la solitudine e ci si butta in mezzo agli altri…

            Soprattutto il Vangelo evidenzia gli effetti della paura: per esempio l’effetto di trasformazione della realtà. Gli apostoli da gente di strada, senza casa e senza stabilità, sono inchiodati dalla paura dentro una stanza. Ecco: la paura che crea identità, cioè sotto la pressione delle paure diventiamo un’altra cosa. La vita diventa una tomba. Questo Vangelo non racconta la Risurrezione di Gesù, ma la risurrezione degli apostoli.

            Siamo invitati a meditare sui timori che ci paralizzano. Di chi e di cosa…

I lettori del Vangelo di Giovanni conoscono già questo sentimento della paura: l’hanno riscontrato nella folla che non osa parlare in pubblico di Gesù, nei genitori del cieco che temono le reazioni dell’autorità, in alcuni notabili che non hanno il coraggio di dichiararsi per il timore di essere espulsi dalla sinagoga. Più di ogni cosa il Vangelo ha registrato la paura delle autorità al momento di catturare e condannare Gesù.

            Lo stesso Gesù ne resta sorpreso e quasi divertito: “Ma per chi mi avete preso, per un bandito? Che bisogno c’è di legarmi e di irrompere di notte, con tante armi?”. Subito aggiunge lo splendido quadro di sé: “Io ho sempre parlato apertamente”. Apertamente. Noi, quelli delle porte chiuse; lui, apertamente.

            Metto qui un’ovvietà che può farci da meditazione per questa settimana: se la paura può insinuarsi nel nostro cuore è perché vi incontra un punto d’appoggio. E non serve chiudere le porte, aumenta. Il punto di appoggio è la nostra ricattabilità che nasce e si sviluppa quando qualcosa ci importa più di Gesù.

            In Gesù non si fece spazio perché nulla contava più del Padre: c’era la tristezza della partenza, forse l’angoscia per le sofferenze, lo spaesamento per l’insuccesso, ma non la paura di non farcela, quella sorta di incertezza sul dopo che blocca ogni passo.

            Gli Apostoli, visitati da Gesù Risorto, ricevono da Lui la missione: perdonare grazie al dono dello Spirito Santo. Nella Chiesa antica, per essere incaricati di una missione bisognava avere due requisiti: dignus e idoneus. Quanto a ‘degni’ fu ed è sempre una debacle, quanto a ‘idonei’ questa pagina illustra anche un certo essere impreparati e inadeguati. Cosicchè né degni né idonei… Bontà sua!

            Quanto a Tommaso, concordo con l’arguzia di San Gregorio Magno: “A noi giovò più l’incredulità di Tommaso che la fede degli apostoli”. Essi vedono e credono; due fortune che non capitano a tutti e non così consequenziali; a noi la strada chiede più curve. E perché nessuno sogni di appoggiarsi sulla fede altrui, credendo per procura o per trasmissione ricevuta, ecco l’incontro personale: se non lo incontri tu, in ginocchio non ci cadrai mai; sarà sempre un racconto di altri, magari anche bello, ma non tuo.

            Tommaso ci ricorda che non è facile vedere i segni della presenza di Dio: c’è chi li scorge subito, e sono i tipi affettivi, magari; quindi ci arrivano gli intuitivi, i perspicaci; ma esistono anche gli scettici e i dubbiosi. Questa pagina dice che Gesù si rivela a tutti, ciascuno secondo il suo modo e per ognuno un approccio diverso; è la rivelazione di un metodo: la bontà di Gesù che si fa strada, cercando il modo adatto a Tommaso.

            Non tutti i mezzi sono adatti per tutti: che modello anche per il nostro annuncio nel mondo così unilaterale e così piatto! Non tutti i modi vanno bene per tutti; ma per tutti c’è, dobbiamo persuadercene, per tutti c’è un modo e un tempo, che il Signore conosce e che noi dobbiamo cercare, chissà fra le lacrime. Cristo da allora fa questo di mestiere: entrare nelle porte chiuse.

            Fu chiesto un giorno all’allora card. Ratzinger: “Quante sono le vie per arrivare a incontrare Dio?”, sicuri che avrebbe risposto con le classiche e un po’ strette cinque vie di San Tommaso. E lui: “Le vie sono tante quanti sono gli uomini”. La tua è la tua.

            Certo questa pagina dice anche il valore della comunità, perché Tommaso rivede Gesù solo quando accetta, umilmente, di stare con gli altri, quando si ri-unisce ai suoi, anche senza capirli a fondo. Stare nella Chiesa, restare nella Chiesa, tornare nella Chiesa. Con tutta la fatica che esige. Il piccolo segreto perché un pertugio si apra…

            E che dite del miracolo di una Chiesa che accoglie gli increduli? Senza parole.

 

                                                                                                                                padre Fabio, guanelliano