11 Novembre

Memoria di San Martino di Tours, vescovo

Martino di Tours, in latino Martinus (Sabaria, 316 o 317 – Candes-Saint-Martin, 8 novembre 397), vescovo e confessore, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da quella copta. È uno tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa. Era nativo di Sabaria Sicca (l'odierna Szombathely), in Pannonia (oggi Ungheria). La ricorrenza cade l'11 novembre, giorno dei suoi funerali a Tours.È considerato uno dei grandi santi di Galliainsieme a san Dionigi, san Liborio, san Privato, san Saturnino, san Marziale di Limoges, san Ferreolo di Vienne e san Giuliano.

Il padre, un ufficiale dell'esercito dell'Impero Romano residente in Pannonia, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Con la famiglia il giovane Martino si spostò a Pavia, dove trascorse la sua infanzia e dove, contro la volontà dei suoi genitori, cominciò a frequentare le comunità cristiane. A quindici anni, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare nell'esercito e venne quindi inviato in Gallia.

Quando Martino era ancora un militare, ebbe la visione che divenne l'episodio più narrato della sua vita e quello più usato dall'iconografia e dalla aneddotica. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D'impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il termine latino per "mantello corto", cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di san Martino, i cappellani, e da questi venne applicato all'oratorio reale, che non era una chiesa, chiamato cappella.

Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già catecumeno, venne battezzato la Pasqua seguente e divenne cristiano. Decise, più tardi, di lasciare l'esercito e fu quindi impegnato nella lotta contro l'eresia ariana, condannata al Concilio di Nicea (325), e venne per questo anche frustato e cacciato prima dalla Francia e poi da Milano. Martino nel 357 si recò quindi nell'Isola Gallinara ad Albenga in provincia di Savona, dove condusse quattro anni di vita eremitica. Tornato quindi a Poitiers, divenne monaco e venne presto seguito da nuovi compagni, fondando uno dei primi monasteri d'occidente, a Ligugé, sotto la protezione del vescovo Ilario.

Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo, anche se alcuni chierici avanzarono resistenze per il suo aspetto trasandato e le origini plebee. Come vescovo, Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio nuove piccole comunità di monaci. Predicava, battezzava villaggi, abbatteva templi, alberi sacri e idoli pagani, dimostrando comunque compassione e misericordia verso chiunque.La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.

Martino aveva della sua missione di “pastore” un concetto assai diverso da molti vescovi del tempo, uomini spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente i distretti abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all'evangelizzazione delle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero, a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. Il monastero, chiamato in latino Maius monasterium (monastero grande), divenne in seguito noto come Marmoutier. Nelle comunità monastiche fondate da Martino non c'era comunque ancora l'attenzione liturgica che si riscontrerà successivamente nell'esperienza benedettina grazie all'apostolato di San Mauro: la vita era piuttosto incentrata nella condivisione, nella preghiera e, soprattutto, nell'impegno di evangelizzazione.

Martino morì l'8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace tra il clero locale. La sua morte, avvenuta in fama di santità anche grazie a numerosi miracoli, segnò l'inizio di un culto nel quale la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l'attività missionaria erano associate.

Don Guanella e San Martino

Uno dei Santi più citati e additati da don Luigi nei suoi scritti fu San Martino, come apostolo della Carità, capace di fare tutto per i poveri, a qualunque costo.
Anche la frase tra le più famose che il Fondatore ci ha lasciato, nel bel libretto scritto 99 anni fa per la muova fondazione guanelliana negli Stati Uniti d’America, il “Vieni Meco”, riporta l’esempio di Martino:
«Ma confidate ! D'altronde la Provvidenza ha sparso il mondo di tanti miseri ed infelici.
Ebbene, il primo ed il più abbandonato fra tutti raccoglietelo voi e mettetelo a mensa con voi e fatevelo vostro, perché questi è GesùCristo… il poverello che il capitano Martino coprì col suo mantello. Che gioia! Che paradiso mai!»
San Martino era anche il Santo titolare della sua amata Pianello dove inizialmente andò bastonato e perplesso e da dove uscì fondatore, per la grazia di Dio.
Una prova in più dell’obbedienza come via di santità e come fortuna.


1912 – 100 anni fa

Muore la guanelliana Suor CANDIDA SUCCETTI.

Era nata a Savogno il 4 Settembre del 1866 e quando don Guanella vi arrivò non aveva neppure un anno; da don Luigi apprese le prime lezioni di catechismo e ricevette i primi sacramenti.
Il 15 Novembre del 1899, a 33 anni compiuti, decise di entrare anche lei tra le Figlie di Santa Maria della Provvidenza, essendovi già entrata sette anni prima sua sorella maggiore Caterina e professò i voti religiosi il 20 Giugno del 1902.
Don Guanella, nelle sue lettere a Marcellina, insisteva per avere le due sorelle nella fondazione romana, perché ne conosceva la dedizione e la serietà.
Ma dopo appena 13 anni di vita religiosa guanelliana, con soli 46 anni di età, aveva dovuto fare ritorno alla natìa Savogno nell’autunno del 1912, per ragioni di salute. Moriva, come oggi, 100 anni fa.
Di lei don Guanella scriveva alla sorella Caterina, per consolarla, dieci giorni dopo, da Roma: Suor Succetti,
Il povero Piero è passato al Cielo dalla Casa Divina Provvidenza e ne abbiamo soddisfazione. La Suor Candida è passata al Cielo da Savogno e noi avremmo bramato meglio fosse passata dalle nostre Case ma sia fatto il voler di Dio e che in Paradiso si siano riabbracciati come ben lo speriamo e preghino per noi e ci preparino un buon posto. Il S. Padre vi benedice.

aff. vostro
D. L. Guanella


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