5 Novembre

Memoria di San Guido Maria Conforti.

Guido Maria Conforti (Casalora di Ravadese, 30 Marzo 1865 - Parma, 5 Novembre 1931) fu arcivescovo di Ravenna e poi di Parma; fondò la Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere (Saveriani): beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1996, è stato proclamato santo da papa Benedetto XVI il 23 Ottobre 2011, nella stessa celebrazione che ha canonizzato don Guanella.

Si conobbero e si stimarono.

Sappiamo che si erano conosciuti tra il 1891 e il 1894, quando Conforti, giovane sacerdote originario di Parma, aveva affrontato un viaggio, all’epoca lungo e disagevole, per recarsi a Como a trovare mons. Andrea Ferrari, già rettore del Seminario Diocesano da lui frequentato. Il Vescovo

Ferrari approfittò dell’occasione per far conoscere al suo pupillo un prete santo e scomodo allo stesso tempo che lui stesso aveva imparato ad apprezzare e stimare: don Guanella. Conforti era stato vivamente colpito dal sacerdote montanaro e dopo molti anni così ricordava quell’incontro:  «Don Guanella, gloria fulgida del sacerdozio cattolico, onorò altamente la sua missione sacerdotale con la santità della vita e con opere meravigliose di carità… Ricordo d’averlo avvicinato, parecchi anni or sono, e perdura in me l’impressione gratissima che ne ho riportato; l’impressione che sogliono lasciare i santi in quanti hanno la fortuna di trattare con essi. Più che a pregare per lui, mi sento inclinato a raccomandarmi alle sue orazioni, ritenendo che già sia in possesso di quella gloria verace che non conosce tramonto, riservata al servo buono e fedele, che ha impiegata santamente la giornata». Anche in una sua omelia tenuta a Parma come Vescovo diquella Diocesi il 15 agosto 1914, Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria, parlando della carità e dellafilantropia, citava don Guanella (che sarebbe morto poco più di un anno dopo) come esempio di carità autentica, affiancandolo ai grandi campioni di santità di tutti i tempi: «Io ammiro l bene ovunque si trovi e qualunque sia il nome che porti, ma non posso a meno di fare rilevare a questo punto, costretto dalla evidenza dei principi e dei fatti testé accennati che sarà sempre grande, immensa la distanza, che passa tra la carità cristiana e la filantropia; sarà sempre la distanza che intercede tra il Cielo e la terra, tra il divino e l'umano. La filantropia in qualche momento fortunoso per l'individuo e per la patria potrà ottenere atti più o meno generosi di altruismo, ma non già il sacrificio della intera vita che equivalga ad un lento martirio sostenuto spontaneamente con una dedizione sovrumana. La filantropia potrà anche spremere dalla borsa del facoltoso un obolo più o meno abbondante a sollievo della altrui miseria, non già indurlo all'abbandono dì ogni cosa per sempre dedicarsi al bene del prossimo. … La filantropia non potrà mai creare uomini dello stampo del Lellis, di Vincenzo de' Paoli, di Carlo Borromeo, di Cottolengo, del Bosco, del Guanella. Per questo anche il mondo non credente ammira migliaia di uomini destinati al sovvenimento degli infermi, al capezzale dei moribondi, nel pericolo stesso del contagio, all'istruzione dei fanciulli, al riscatto degli schiavi, a conforto dei prigionieri, alla civilizzazione dei barbari! Qualche volta scrive pagine piene di entusiasmo, dedica monumenti, conia medaglie per questi eroi della carità. Ma notatelo bene, fratelli e figlioli dilettissimi, e fatelo notare ai dilettanti della carità: quelli sono grandi nell'amore fraterno, che sono grandi nella pietà verso Dio, grandi nel distacco dal mondo e di se stessi».